Niente incontro con la stampa per Oddo, al Perugia spira una pesante aria di crisi

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Niente incontro con la stampa per Oddo, al Perugia spira una pesante aria di crisi

da Elio Clero Bertoldi
PERUGIA – La luna di miele é finita. Niente conferenza stampa pre partita per Massimo Oddo, proprio nella gara contro il Pescara, la sua città e una delle sue ex squadre (portata in A). Un siluro, più che uno sgarbo, al tecnico che solo pochi mesi fa aveva catturato e convinto il presidente Massimiliano Santopadre, che, dopo aver parlato con lui, non aveva neppure completato il giro di orizzonte con gli altri due papabili alla panchina biancorossa, tanto il tecnico pescarese era risultato, ai suoi occhi, convincente.

La settimana prima del match col Pordenone, era toccato al Dt Roberto Goretti “cannoneggiare” la panchina biancorossa con due sostanziali concetti: non andare in A quest’anno rappresenterebbe, tout court, “un fallimento della stagione” e col suggerimento, neppure velato, di tornare in fretta alla difesa a quattro.

Oddo, con eleganza e diplomazia, aveva eccepito e disquisito soltanto sul termine “fallimento”. Ma il 3-0 col Pordenone ha permesso al club di scaricare su di lui tutte le eventuali colpe. Sebbene l’uscita della società contenesse in se stessa una forza disarticolante ben evidente, incrinando l’autorità e la credibilità dell’allenatore. Ora, sul tecnico, piomba e s’abbatte persino l’anatema: niente incontro, tradizionale, con la stampa.

L’aria, in casa, biancorossa se non irrespirabile, si è rivelata terribilmente pesante. E il rischio di un provvedimento drastico – se il Perugia non dovesse vincere – si concretizza sempre più minaccioso ed incombente.

Alcune colpe, Oddo, ce l’ha, certo. Ma anche la società non può dichiararsi vergine e immune da pecche. Anzi. Se non altro pesa sul giudizio il “peccato originale”: quello di aver scelto l’uomo sul quale adesso si intenderebbero rovesciare tutte le responsabilità di una stagione che, dio non voglia, si sta indirizzando come tutte le altre della gestione santopadresca. Né più, né meno. Appena sopra (Bucchi, Breda, Nesta) o un pochino sotto (Bisoli) l’ottavo posto.

Tuttavia chi il Grifo lo ama e lo porta, non tatuato sull’epidermide, ma nel profondo del cuore, è orientato sempre e comunque, ostinatamente, a sperare che la squadra si riprenda e spicchi il volo.

Come si schiererà la formazione perugina (ancora nella griglia dei play off, all’ottavo posto, l’ultimo disponibile) contro gli abruzzesi?
Senza il confronto con l’allenatore si può solo parlare in via ipotetica. Difesa a quattro (con Rosi, Gyombér, Falasco – o Sgarbi – e Di Chiara – o Nzita-); centrocampo a tre (Caviglia, Carraro, Dragomir); e dietro all’unica punta, Iemmello, forse Capone e Buonaiuto.

Per richiamare l’attenzione dei tifosi, intanto, la società tenta di convincere a venire in Umbria e ad indossare la maglia biancorossa, il difensore centrale Slobodan Rajkovic, serbo, che, raccontano, si allena ma senza giocare, nel suo paese. Anche ai tempi del Colosseo gli imperatori, nei momenti di calo di immagine o di difficoltà, distribuivano regalie per accattivarsi le simpatie e per mantenere quanto più possibile tranquillo il popolo.

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