Grifo, tira aria di disfattismo, tifosi molto critici col Perugia calcio

L’entusiasmo per il nuovo tecnico rischia di durare come i fiori del cactus

Grifo, tira aria di disfattismo, tifosi molto critici col Perugia calcio

Grifo, tira aria di disfattismo, tifosi molto critici col Perugia calcio

di Elio Clero Bertoldi
PERUGIA – Tira aria di disfattismo, e siamo solamente alla quarta giornata, in casa biancorossa. A dar retta ad alcuni tifosi la squadra e persino l’allenatore sarebbero da buttare. L’entusiasmo per il nuovo tecnico rischia di durare come i fiori del cactus, cioé “l’espace d’un matin”. Equilibrio, ragazzi. Che il Perugia abbia perso in casa con l’Ascoli e sia stato costretto al pareggio dal Cosenza non é stato un piacere, è lapalissiano. E fa scattare, certo, il sistema di allerta. Tuttavia nelle analisi bisogna valutare (e non dimenticare) il contesto ed i modi con i quali scaturiscono i risultati.

Primo aspetto da tenere a mente: il Perugia affronta il torneo per salvarsi, non per guardare in alto. Chi pensasse che gli obiettivi della permanenza nella cadetteria, sbandierati dalla dirigenza, siano uno specchietto per le allodole e che la squadra, in realtà, punti ai vertici, ha preso lucciole per lanterne e dovrà ricredersi. Il club si é posto – piaccia o non piaccia – un solo bersaglio: la salvezza.

Niente spese fuori badget (come sempre), niente (o pochi) elementi di livello assodato. Di conseguenza l’undici si trova davanti un percorso angusto, irto di ostacoli e di difficoltà. Mai come adesso il gruppo ha bisogno di sostegno, di aiuto, persino di coccole come si fa con un figlio che ha inanellato brutti voti ed ha necessità di incoraggiamento, non certo di irrisioni o sbeffeggiamenti, perché si rimetta in carreggiata almeno nel trimestre successivo. E in questa direzione si muove il messaggio, tramite social, di Salvatore Burrai ai fan biancorossi: “Stateci vicino”.

Che dal mercato fossero giunti discreti giocatori e promesse da sbocciare, non campioni, dovrebbero averlo intuito tutti. E che l’allenatore non fosse dotato, pur bravo, competente ed appassionato del proprio lavoro, della bacchetta magica, dovrebbe risultare abbastanza evidente al colto ed all’inclita. Qua e là, nelle ultime ore, sono emerse, invece, frecciate sanguinose anche nei confronti del mister. Legittime, certo, perchè nel calcio tutti possono dire la loro.

D’altro canto Boskov sosteneva, con evidente paradosso, che “i giocatori vincono le partite, gli allenatori le perdono”. É anche vero, però, che se il maestro é di livello non vuol dire che gli allievi diventino d’un colpo, per pura analogia, assi. Insomma: per vincere, nel calcio come in guerra, occorrono non solo comandanti in gamba, strategie valide, retrovie fornite, logistica all’altezza, ma anche soldati coraggiosi, pugnaci, esperti nel maneggio delle armi (leggi, della palla).

Se gli attaccanti appaiono, almeno in questa fase, “stitici” bisogna mostrare pazienza ed aspettare il recupero di alcuni ed il “risveglio” di altri. E se nei vari reparti risulta palese che non sia stata raggiunta ancora la dovuta continuità di rendimento (sulle fasce, in mezzo, e pure in difesa), é opportuno restare prudenti. Sparare nel mucchio non é di alcuna utilità.

Piuttosto aggrava le situazioni. Il disfattismo non produce frutti, non almeno succosi e gustosi, tavolta, anzi, soltanto velenosi, tossici. Per fortuna che a tenere su la baracca, tra i pochi, provvede un giocatore “anziano” come l’ex capitano Aleandro Rosi, andato a segno due volte in quattro gare. L’anno passato per il giudizio di alcuni soggetti (anche di primo piano) l’esterno romano avrebbe dovuto venire scartato: invece si sta rivelando – sotto ogni profilo – una risorsa decisiva, una pietra angolare.

Che il Signore ce lo mantenga (é uscito per “affaticamento muscolare”, auguriamoci che torni in forma per la trasferta lombarda) e permetta ai compagni di crescere e migliorare grazie all’illuminazione dell’esempio che sparge a piene mani, dentro e fuori il campo.
Se la squadra non decolla ancora, la struttura del Curi non gode di salute migliore. Ed in attesa che il Comune, come promesso e ribadito ufficialmente pure in queste ultime ore, intervenga sulla sicurezza e stabilità delle strutture, va rimarcato come venerdì, durante la conferenza prepartita del tecnico, la sala stampa, tra l’altro scrostata come un vecchio garage, sia stata letteralmente allagata e che dal tetto colassero giù veri e propri scrosci di acqua.

Eppure una sala stampa dovrebbe venir curata come il salotto di casa: vi si ospitano dirigenti, allenatori, calciatori delle formazioni avversarie. Pare normale che, ad ogni temporale, si assista a scene del genere? Sembra dignitoso che la città ed il club si espongano a queste queste figuracce? Io la considero una vergogna (nella struttura, quasi cinquantenne e malandata, emergono anche altre pecche, per il vero, come i servizi igienici), che investe, in primis, le istituzioni locali e la dirigenza societaria, ma anche l’immagine del capoluogo umbro e la sua comunità. Se non si intendono fare lavori di manutenzione si organizzino almeno gli incontri nel Museo del Grifo.

Alvini ed i suoi mercoledì sono attesi a Cremona. L’undici di Pecchia (espulso) ha appena maramaldeggiato a Parma, portandosi via i tre punti, piazzandosi terzo in classifica e vantando, al momento, la miglior difesa (si schiera con il 4-2-3-1). Di Carmine (uno degli ex con Vido – autore di una rete – Buonaiuto, Crescenzi e Daniel Ciofani) si é fatto parare un rigore da Buffon e sulla ripetizione ha addirittura messo a lato. Ma resta pur sempre un signor attaccante. La partita, pertanto, si annuncia particolarmente tosta. Tuttavia gli uomini veri si mettono in luce nei momenti delle difficoltà. Attendiamo con fiducia che lo facciano.

Notazione finale, storico-artistica. Ai tifosi che seguiranno in trasferta i biancorossi consiglierei, se arrivano con un pizzico di anticipo, di programmare una visita alla chiesa di Sant’Agostino, sulla omonima piazza. Qui, infatti, é esposta – lungo la navata destra – una tela del Perugino eseguita nel 1494 su commissione della famiglia cremonese dei Roncadelli.

Confiscato da Napoleone, il bel quadro venne restituito dopo il Congresso di Vienna (1815). Rappresenta una Madonna con Bambino ed i santi Giovanni Evangelista e Agostino. Qualche tempo fa chiesi ad un calciatore cremonese, in forza al Perugia, se sapesse che nella sua città fosse presente un capolavoro di Pietro Vannucci. Lo ignorava bellamente. Chissà se, tornato a casa, é poi andato in Sant’Agostino per colmare la sua lacuna…

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