Multa, vietato lasciare Pd per Italia Viva di Renzi, è polemica nazionale
Una sorta di rimborso spese da versare al Pd nel caso in cui un consigliere regionale lasci il partito e cambi casacca. E’ quanto hanno firmato i 20 candidati dem. Si tratta di un patto con il quale si sono impegnati a versare, una volta eletti, oltre 30mila euro nelle casse del Pd, se dovessero lasciare il partito. Una forma di risarcimento nel caso uno decida di rompere il patto con gli elettori e con il partito.
«Ripeto si tratta – è la replica di Verini –, di un modo per rafforzare il patto tra candidato, partito e elettori. Un libero patto condiviso da tutti». «Non sembra affatto una buona idea. Spero che il commissario Verini ci ripensi» è il commento del capogruppo Pd al Senato Andrea Marcucci.
Sulla stessa linea il deputato dem Matteo Orfini che ha chiesto a Zingaretti di intervenire. Chiamato in causa da Verini infine, Giacomo Leonelli spiega di non ricordare «di aver espressamente fatto questa proposta, ma posso dire che il principio generale di questa idea è stato sostanzialmente condiviso da me e dagli altri colleghi candidati. L’obiettivo, per come io l’ho interpretato, è quello, semplicemente, di garantire a un partito che a livello territoriale vive solo sulle contribuzioni degli eletti, una entrata certa, nel pieno rispetto della legge, oltre che del codice etico, dello statuto e dei regolamenti finanziari del Pd. Nel corso della passata legislatura – sottolinea –, da segretario regionale, ho potuto toccare con mano la delicatezza dell’argomento, quando un consigliere – Solinas ndr –, ha scelto di uscire dal Pd e dal gruppo. Già allora attività politica e posti di lavoro dei dipendenti rischiarono di risentirne in maniera importante».
«Ci mancava pure questa genialata del PD dell’Umbria – dice Nicola Preiti coordinatore comitato Azione Civile Sapere Perugia -. Introdurre un incostituzionale vincolo di mandato attraverso una multa di 30000 €, se si dovesse abbandonare il partito dopo eletti, è profondamente antidemocratico, inaccettabile. Il vincolo di mandato infatti, sotto qualunque forma, è vietato dall’articolo 67 della Costituzione italiana e dall’articolo 57 dello statuto della Regione Umbria. Per eliminarlo sarebbe necessaria una riforma costituzionale, il PD dell’Umbria non può fare Principato a sé. Inoltre la sua presenza in Costituzione è una fondamentale garanzia democratica del libero esercizio della funzione da parte degli eletti, senza subire condizionamenti o imposizioni da nessuno. Il contrario sarebbero parlamentari, consiglieri, sindaci nelle mani di società per azioni. Ma ancora peggio è la motivazione addotta dal Pd dell’umbria: sarebbe il riconoscimento di un danno per non versare più il previsto contributo mensile di 1000 € al pdumbria (se ne chiede indietro la metà). Cioè per il pd umbria l’elezione dei consiglieri serve a farsi pagare il contributo. Speriamo che si ripari immediatamente.
“Non avevo capito che la scelta di costruire un’alleanza Pd-M5s in Umbria, peraltro mai discussa, prevedesse l’obbligo di emulare le parti peggiori del grillismo. E” qualcosa al di fuori della cultura politica democratica” ha sostenuto Matteo Orfini, parlamentare del Partito democratico.
“In Umbria le modifiche costituzionali si applicano prima che le approvi il Parlamento… siamo avanti”, il post ironico su Facebook dell’ex presidente della Regione Catiuscia Marini.
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