Chi vuole la testa di Catiuscia Marini, ovvero, la verità non sempre è come appare

Chi vuole la testa di Marini, ovvero, la verità non sempre è come appare

Chi vuole la testa di Catiuscia Marini, ovvero, la verità non sempre è come appare

da Attilio Solinas (Consigliere regionale)
Scrivo dopo aver riconsegnato da alcuni giorni la tessera di Articolo Uno per non influenzare il Partito in cui ho militato con le mie decisioni in sede istituzionale e per non essere condizionato dalla linea politica scelta dalla formazione politica alla quale, per primo in Umbria, ho aderito dopo essere uscito dal PD (Febbraio 2017).

Ieri in Consiglio regionale si è votato il respingimento delle dimissioni della Presidente della Regione. Lei ha potuto votare con gli altri consiglieri essendo lei stessa consigliere regionale. Lo Statuto e il regolamento della Regione Umbria glielo hanno consentito.

Per una maggioranza consiliare corretta e rispettosa di una Presidente che ha guidato la coalizione di governo per alcuni anni è stato un atto dovuto, un giusto onore delle armi, a prescindere da quello che sarà poi la sua decisione sulle dimissioni. E a prescindere ovviamente dal giudizio che ogni singolo consigliere di maggioranza può dare sull’operato della Giunta, in questi quattro anni di legislatura. E il mio giudizio è stato spesso critico, anche nelle sedi istituzionali di discussione.

Oggi, 19 Maggio, Zingaretti in televisione, da Lucia Annunziata, ha dichiarato di essere deluso rispetto a quanto avvenuto ieri, ma ha detto di non aver mai chiesto esplicitamente le dimissioni alla Governatrice umbra.

Poi, più tardi, ha dichiarato, in pieno assetto da campagna elettorale, che la Marini sta facendo un danno all’Umbria e che chi trucca i concorsi deve andarsene. Parole pesanti. Due pesi e due misure per l’Umbria e la Calabria.

Credo, allora, sia necessario chiedersi cosa è avvenuto realmente nelle ultime settimane e non fermarsi all’apparenza degli eventi, pratica comunemente seguita da alcuni “commentatori” dei social, da ciò che si evince leggendo i giudizi sommari espressi in quella sede.

Le dimissioni della presidente Catiuscia Marini sono state un atto di responsabilità particolarmente singolare ed eticamente apprezzabile in un contesto politico nazionale in cui altri governatori del Centrosinitra, tra i quali Zingaretti nel Lazio e Oliverio in Calabria (oltre a quello leghista della Lombardia) pur indagati per imputazioni in alcuni casi più gravi, sono ancora al loro posto. Un avviso di garanzia significa indagine non condanna, quindi, secondo il principio garantista, può essere giustificabile il non dare le dimissioni e separare l’ambito giudiziario da quello politico.

Chi ha ascoltato o letto l’intervento della Presidente Marini in aula il 7 Maggio, e quello di ieri, 18 Maggio, dovrebbe aver compreso (ma temo che in una certa parte dell’opinione pubblica non sia avvenuto) che le sue dimissioni hanno avuto in primis una motivazione etica, ma ne hanno avuta anche una fortemente politica.

La Presidente, in quel momento, il 16 Aprile scorso, nonostante molti le consigliassero di non dimettersi e nonostante il sostegno in quel momento unanime della sua maggioranza, (espresso anche da un documento scritto), ha ceduto al suo senso etico e alla fortissima pressione mediatica che, in quei giorni, soffiava con particolare intensità sul fuoco del furore popolare alimentandolo in modo esasperato pubblicando anche il testo di alcune intercettazioni il cui senso poco aveva a che fare con l’ambito giudiziario e molto con la volontà di distruggere la reputazione dei singoli indagati.

Ma, con le sue parole la Presidente Marini ha fatto palesemente richiamo ad alcune indebite interferenze politiche sulla sua decisione di dimettersi. La verità “rivelata” è che la Presidente è stata indotta a dimettersi dal commissario umbro del PD, che – in quel momento – diceva di parlare a nome del segretario nazionale e del presidente del Partito.

La Presidente, sentendosi non solo non difesa ma anzi pressata in modo indebito dal suo partito, ha scelto una formula politica per le sue dimissioni secondo un articolo dello Statuto regionale che assegna all’assemblea legislativa, e solo a quella (quindi solo all’ambito istituzionale) il giudizio e la facoltà di accettarle o respingerle.
Quindi una formula che lascia aperta una via istituzionale al suo rientro ed una scelta assolutamente non definitiva, che smentisce tassativamente chi ora afferma in modo fazioso e interessato che le sue dimissioni erano irrevocabili e definitive.

La questione, quindi, è più complessa di quello che sembra. Alcuni quesiti mi vengono alla mente. Perché il suo partito , invece di difenderla in sede nazionale e regionale ha costretto la Presidente a dimettersi e l’ha delegittimata, visto che c’era di mezzo “solo”un avviso di garanzia (come per Zingaretti e Oliverio) e visto che la posta in gioco era la fine considerevolmente anticipata della legislatura e la consegna “brevi manu” del governo regionale alla Lega?

Andare avanti con la legislatura avrebbe forse consentito di verificare le singole responsabilità degli indagati e, secondo un crudo ragionamento di real politici, assistere ad un eventuale possibile cambiamento dello scenario politico umbro, attualmente favorevole al centrodestra.

Di fatto, la Presidente Marini, colta in un momento di forte debolezza politica, il 16 Aprile scorso, è stata indotta a dimettersi dalla componente dominante del PD umbro , quella che fa capo a Zingaretti (vincitore delle primarie ) rappresentata in Umbria dal commissario del PD (messo lì nonostante abbia perso piuttosto nettamente le primarie regionali ) e da altri pezzi più o meno grossi del partito.

Sembra proprio ci sia stata la volontà da parte di questo ulteriore nuovo “correntone” del PD di mettere le mani sull’Umbria, gestendo la fase di transizione post-Marini, comprese le future candidature per le regionali, sgombrando il campo dai residui delle vecchie correnti.

Certo, ad un giudizio precoce su questi primi atti politici, questi nuovi dominatori della scena Democratica umbra non sono da meno in quanto a spregiudicatezza, visto il loro impeto tutto proteso a chiudere la legislatura al più presto e consegnare il governo della regione al centro destra (secondo quanto indicano i dati che emergono dai sondaggi).

Risposte ai semplici quesiti di cui sopra vorrei dai soloni, Democratici e non, che ora scrivono nei social. La presidente Marini, secondo il mio modesto parere, ha commesso un errore a dimettersi, cedendo alle pressioni indebite di una parte del suo partito e ne ha commesso un altro facendo passare più di un mese dalle dimissioni senza reagire subito ed in modo veemente ad una palese violazione della sua autonomia istituzionale e amministrativa.

La questione avrebbe dovuto essere risolta, il più rapidamente possibile , solo in sede istituzionale, come dettava la formula scelta per le dimissioni. Ora, a distanza di più di un mese, tutto è divenuto più difficile, e, a pochi giorni dalle elezioni, le implicazioni politiche del voto in Consiglio regionale di ieri sono diventate inevitabili.
Ma sul latte versato in politica non conviene mai piangere, credo.

Lo stato attuale dei fatti, però, non le nega il diritto di decidere in piena autonomia sul futuro della legislatura anche se i margini d’azione sono ormai di ora in ora più limitati visto l’accanimento del fuoco amico (si fa per dire) contro di lei sempre più pressante, in vista della tornata elettorale.

Per il resto, quei Democrats umbri (magari un tempo a lei fedeli e interessati) che sbraitano contro di lei nei social e fuori si facciano un esame di coscienza e soprattutto lo facciano fare al commissario regionale, al segretario nazionale e al buon Calenda che ha dichiarato indifendibile la posizione della Marini prendendosi la responsabilità di consegnare l’Umbria alla destra.

Le vicende del Consiglio regionale di ieri influenzano in modo negativo la campagna elettorale dei candidati sindaci e consiglieri comunali di Centrosinistra? Purtroppo le contingenze a volte si sovrappongono; le conseguenze politiche di certe azioni andrebbero calcolate prima. Molto prima.

2 Commenti

  1. Un sindaco come Andrea Romizi (Perugia), assente sul territorio nel quinquiennio, e sostenuto dal centro destra unito + altre liste civiche si è visto “regalare” la vittoria della riconferma proprio per le famose parole del segretario PD Zingaretti “che chi trucca i concorsi deve andarsene”.
    Peccato che Giuliano Giubilei sarebbe stato un ottimo Sindaco attento al territorio e alle periferie.

  2. E’ incredibile non c’è più il senso della VERGOGNA!!! Adesso questo Solinas vuole avere anche ragione, mentre avrebbero torto quelli che chiedono le dimissioni perchè c’era un sistema, a cui lor signori partecipavano, che truccava i concorsi pubblici!
    Ragazzi non c’è più religione.

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*