Resignation day, il lungo giorno di Catiuscia Marini finisce in ospedale
Catiuscia Marini, nella seduta di oggi – 18 maggio 2019 – ha incassato la fiducia dell’Aula di Palazzo Cesaroni. 10 i voti dei Consiglieri, cui si è aggiunto il suo (e fanno 11), che le permettono di restare al vertice della regione dell’Umbria come Governatrice. Doveva essere il giorno delle dimissioni.
La Presidente, in sostanza, ha avuto la fiducia dall’Assemblea ma non è riuscita ad ottenerla dal Partito democratico. Marini, lo ricordiamo, è indagata nell’ambito dell’inchiesta sulla sanità, relativa ai concorsi che sarebbero stati truccati.
Ovvio che quanto accaduto a Palazzo sia “indigesto” ai vertici del Partito democratico, vertici che le han già fatto sapere di aspettarsi la conferma delle dimissioni.
Una giornata pesantissima, quindi quella sopportata dalla Governatrice, e il malore che ha avuto e che la costretta al ricovero di controllo all’ospedale di Pantalla, ne è la sintesi.
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Se ne andrà Catiuscia Marini? Beh lei stessa in aula non ha escluso questa ipotesi: “Non si sta in paradiso a dispetto dei santi”, ha detto durante il suo lungo intervento. Con questa frase avrebbe lasciato intendere che potrebbe dimettersi e lasciare spazio al rinnovo della gestione della res pubblica Regionale.
Come pubblicammo qualche tempo fa in un articolo, molto tecnico a firma dell’ex segretario della Provincia di Perugia, Alfonso Gentili, la presidente ha 15 giorni per decidere se se ritirare o confermare le dimissioni, una decisione -ha annunciato la governatrice- che arriverà “in tempi brevi”.
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Pd regionale e Pd nazionale non sulla stessa linea, quindi, ad eccezione di Giacomo Lonelli – del quale riportiamo nel nostro sito l’intero discorso -. Pd regionale che approva una mozione e chiede a Marini di ritirare le dimissioni. Pd nazionale che, con le sue figure di spicco Zingaretti e Calenda, prendono subito le distanze da Catiuscia Marini, non appena saputo dell’inchiesta che l’aveva coinvolta.
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Nell’intervento dopo il voto Marini ha rivendicato la sua “piena autonomia”. “Anche in una situazione così difficile e delicata – ha detto – un presidente di Regione non può essere sottoposto ad alcun tipo di ricatto. Né da parte della società, né da forze politiche, né dalla propria comunità politica di appartenenza. Deve avere tutta l” autonomia e la serenità di fare una valutazione di natura esclusivamente politica”.
Zingaretti, per altro, sarà in Umbria nei prossimi giorni (domani 19 maggio 2019) e vedremo come “riferirà” al popolo umbro la presa di distanza dalla Marini.
Nell’intervento della presidente non sono mancate stoccate al Partito democratico (per una casualità domani sarà in Umbria il segretario Nicola Zingaretti per alcune iniziative elettorali). “Se mi dovessi attenere al codice etico del Pd – ha detto – dovrei attendere mesi di legislatura…”.
“Mi sono interrogata su una sorta di accanimento terapeutico – ha affermato in un altro passaggio – che viene esercitato quando il presidente di Regione è una donna e non con la stessa forza e virulenza quando è un uomo…”.
Marini ha quindi affrontato il tema della chiusura della legislatura. “Non c’è un game over – ha rivendicato – che nasce dal farsi da parte del presidente della Regione. Lo dico soprattutto al Pd. Ma dall’altro lato non si sta in Paradiso a dispetto dei santi, ed è logico si discuta in quest” aula che sia una legislatura di chiusura anticipata“.
“La decisione di una carica eletta direttamente – ha quindi ribadito – non può che essere assunta in autonomia, non può essere condizionata o accerchiata, magari da dichiarazioni che di ora in ora crescevano“.
Decidere se e quando chiudere la legislatura spetta ora a lei.
Ci domandiamo se, a livello nazionale, abbiamo davvero capito in quale situazione si verrebbe a trovare il Partito democratico dell’Umbria, qualora la presidente decidesse di dimettersi. “Un’era è finita – han detto durante la conferenza stampa le forse di Minoranza – e qui non si parla di andare a casa“.
“Quando ho portato colla e catene – ha detto Valerio Macini della Lega – volevo proprio dire questo. Nonostante tutto non ci si decide ad avviare il nuovo corso“.
Di fatto il Pd, nonostante la mozione approvata, è in briciole, demolito e distrutto da quanto accaduto, han detto ancora Mancini, Squarta, De Vincenzi, Ricci, Fiorini e Morroni.
Quanto sarà stato dannoso l’effetto dell’indagine e gli arresti che ne sono susseguiti, lo si potrà sapere solo il 26 di questo mese. Le urne dell’election day saranno la cartina al tornasole, saranno quella prova del 9 che in tanti attendono.
Nel frattempo c’è da fare i conti con la realtà attuale e la realtà attuale si chiama Giacomo Leonelli che – dopo averne subite di cotte e di crude – si è preso una bella rivincita. Partito da rifare quindi? Beh, quanto meno da riprogrammare…ci sono, in ogni caso, forze nuove (leggasi GD), ma la storia ci insegna che “botte” di questo tipo rischiano di far sparire anche i più volenterosi. Staremo a vedere.
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