Diminuiscono i NEET, ben oltre il calo demografico

Diminuiscono i NEET, ben oltre il calo demografico

Diminuiscono i NEET, ben oltre il calo demografico

Diminuiscono i NEET, ben oltre il calo demografico

Diminuiscono – Finalmente una notizia positiva sul fronte giovanile: i NEET, ovvero i ragazzi e le ragazze che non lavorano, non studiano, non partecipano a percorsi formativi, sono in forte diminuzione, soprattutto in Umbria.

I NEET[i] rappresentano un universo variegato di giovani che subiscono quella fase di transizione dall’istruzione-formazione al lavoro diventata più complessa, meno lineare, sicuramente più fragile rispetto a un tempo: si cambia lavoro più frequentemente rispetto alle generazioni passate, spesso studenti in istruzione terziaria hanno un’occupazione, più o meno saltuaria, a volte quelli che lavorano ritornano all’istruzione o alla formazione per elevare le proprie qualifiche. In questo passaggio alcuni di loro rischiano di incepparsi: sono i giovani “dei tre no”, quelli che, oltre a non essere più coinvolti in nessun percorso di istruzione o formativo, non partecipano al mondo del lavoro sia perché non trovano un’occupazione (sono disoccupati, spesso di lungo periodo) sia perché non la cercano attivamente e in questo caso, non facendo parte delle forze di lavoro, sono proprio slegati dal mercato, in quanto scoraggiati o disinteressati, magari disincantati e disillusi, al punto da evocare l’appellativo di “generazione perduta”.

“Nel 2023 i giovani umbri NEET dai 15 a 34 anni sono scesi sotto le 20 mila unità (erano quasi 32 mila nel 2018)”

La condizione di disimpegno sia dall’istruzione che dal mercato del lavoro aumenta al crescere dell’età – i più giovani, tra i 15 e i 19 anni, nella grande maggioranza dei casi frequentano la scuola o corsi formativi – e rischia di protrarsi nel tempo, soprattutto per i soggetti più fragili. Le statistiche ci dicono che la vulnerabilità è fortemente correlata a un livello di istruzione medio-basso; tuttavia, a incidere pesantemente sulla condizione di NEET intervengono anche altri fattori, afferenti al contesto sociale di riferimento, quali: vivere in contesti familiari con un basso livello di reddito, con un genitore che ha sperimentato lo stato di disoccupazione, con un genitore single, ma anche risiedere in una zona rurale, vivere una condizione di disabilità. Dunque, il giovane che presenta una fragilità legata alla personale situazione familiare, qualora diventi NEET entra in un circolo vizioso che, nel tempo, rischia di aggravare il proprio stato di insicurezza, esclusione sociale, povertà che, in taluni casi, può degenerare in fenomeni di criminalità e, più spesso, in problemi di salute (dalla mancanza di realizzazione e dalla perdita di autostima a lungo protratta al precipitare in una condizione di depressione il passo è breve).

I preoccupanti risvolti sociali collegati al fenomeno hanno allertato l’Unione europea la quale, da alcuni anni, è intervenuta con il Programma Youth Guarantee (istituito nel 2015 in Italia, all’interno del Jobs Act) per l’inserimento lavorativo dei giovani che si trovano fuori dal lavoro e dall’istruzione formale e che non seguono corsi di formazione. Lo strumento è stato recentemente rafforzato attraverso l’estensione del limite di età fino ai 29 anni. È stato quindi fissato un obiettivo da raggiungere entro il 2030: il tasso di incidenza dei NEET tra i 15 e i 29 anni non dovrebbe superare il 9 per cento (anche se il fenomeno viene monitorato, in Italia, fino ai 34 anni).

Ma quanti sono i NEET in Umbria?
Nel 2023 i giovani umbri dai 15 a 34 anni che non lavorano, non studiano, non sono coinvolti in percorsi formativi sono scesi sotto le 20 mila unità (erano quasi 32 mila nel 2018), per una flessione del 38,8 per cento, nettamente superiore alle aree benchmark, soprattutto Italia e regioni settentrionali.

Quelli tra i 15 e i 29 anni sono diminuiti del 44,9 per cento (-32,2 per cento in Italia, -28,4 per cento al Nord, -37,0 per cento al Centro), scendendo nel quinquennio a poco più di 12 mila.



L’elemento più importante da sottolineare è che la contrazione dell’universo dei giovani che non lavorano, non studiano, non partecipano a percorsi formativi è imputabile solo in maniera residuale al calo demografico dei 15-34 enni residenti in Umbria, in Italia, al Centro (in controtendenza rispetto all’espansione registrata invece nelle regioni del Nord), come attesta la flessione, particolarmente sostenuta nella regione, della quota dei NEET sulla popolazione di riferimento.

“Dal 2018 al 2023 i residenti umbri dai 15 ai 34 anni sono calati di 4.046 unità, i coetanei NEET sono scesi di 12.644 unità”

In estrema sintesi, se dal 2018 al 2023 i residenti umbri dai 15 ai 34 anni sono calati di 4.046 unità, i coetanei NEET sono scesi di 12.644 unità. E così per le singole classi di età, comprese quelle con meno di 25 anni, ove la flessione dei NEET è andata in controtendenza rispetto all’aumento demografico.

Ecco, dunque, la relativizzazione dei dati: nel 2023 il tasso di incidenza dei NEET in Umbria dai 15 ai 29 anni è sceso al 10,5 per cento (contro il 16,1 e il 10,8 per cento rispettivamente in Italia e al Nord), quando nel 2018 sfiorava il 19 per cento. Nei paesi dell’Unione l’indicatore è pari all’11,2 per cento, dunque l’Umbria presenta un dato più favorevole di quello medio europeo.

Anche la situazione dei 15-24 e dei 18-29 enni umbri è migliore rispetto a quella delle aree benchmark, compresa la media EU (con valori pari, rispettivamente, a 9,2 e 13,4 per cento), mentre l’estensione ai più maturi (fino a 34 anni) colloca l’Umbria tra l’Italia e le regioni del Nord.

In Umbria i NEET sono copiosamente diminuiti per diversi motivi: un po’ perché i 15-34 enni sono diventati numericamente di meno (ma, come visto, il calo demografico ha influito in misura molto lieve sul fenomeno), un po’ perché – al contrario – è aumentato il numero di occupati (passati da quasi 74 mila a oltre 75 mila), con l’esito congiunto di un incremento del tasso di occupazione 15-34 anni, salito nel 2023 al 46,4 per cento (dal 44,2 del 2018).

Allora, cosa è che più di tutto ha provocato il forte ridimensionamento dell’universo NEET nella regione? Due sono i fattori principali: l’allungamento della partecipazione a percorsi di istruzione e l’allentamento dell’abbandono scolastico, quelli che spiegano anche i più sostenuti tassi di caduta delle coorti più giovani.

“Sul forte calo dei NEET umbri ha influito l’allungamento della partecipazione a percorsi di istruzione e l’allentamento dell’abbandono scolastico”

Il tasso di partecipazione all’istruzione dei giovani dai 15 ai 24 anni presenta nella regione una dinamica particolarmente sostenuta negli ultimi anni: l’indicatore sale, nel periodo 2018-2022, dal 63,7 al 68,1 per cento, e pone l’Umbria al di sopra dei livelli italiani e di quelli delle regioni del Nord (ma non quelle del Centro) e anche al di sopra del valore medio europeo. In particolare, quello relativo ai soli 17 enni colloca la regione sempre al di sopra di tutte le aree benchmark.

Nel dettaglio, per l’Umbria è evidente l’aumento progressivo degli alunni iscritti alla scuola secondaria di secondo grado, alimentato in particolare dalle preferenze verso gli orientamenti generali a discapito degli indirizzi professionali (+30,2 contro -9,4 per cento dal 2013 al 2021).

Salendo anagraficamente, dunque considerando la fascia di età da 25 a 34 anni, si scopre che, a partire dal 2020, il tasso di istruzione terziaria tra i giovani umbri ha finito per surclassare le regioni settentrionali (34,4 per cento contro il 30,6 e il 32,9 in Italia e al Nord). Un dato confortante, seppure ancora inferiore alla situazione delle regioni del Centro (35,5 per cento) e lontano dal target europeo ridefinito dal nuovo Quadro strategico per la cooperazione europea, secondo cui la percentuale di persone dai 25 ai 34 anni che hanno completato l’istruzione terziaria dovrebbe essere entro il 2030 almeno del 45 per cento.

In più, dopo il biennio segnato dalla pandemia, che ha inasprito ovunque il fenomeno dell’uscita prematura dei giovani dal sistema di istruzione e formazione[ii], l’Umbria torna su valori più bassi anche rispetto a quelli del 2018 e assai inferiori ai livelli italiani e delle regioni settentrionali e centrali (nel 2023, 5,5 per cento contro 10,5, 8,5, 7,0 per cento rispettivamente), oltre che a quello della media europea, pari al 9,5 per cento. Si tratta di un indicatore per cui la regione ha già raggiunto ampiamente l’obiettivo target, fissato al 9 per cento dal nuovo Quadro strategico per la cooperazione europea per il 2030.

Data l’importanza dell’insieme di conoscenze, competenze, abilità che un giovane può spendere nel mondo del lavoro (oltre che nella propria vita), vengono chiamati in causa altri indicatori che rivelano lo stato delle criticità del capitale umano che si va formando in un territorio: le fragilità negli apprendimenti possono essere misurate, oltre che con il fenomeno del drop-out scolastico, anche con le competenze maturate durante il ciclo dell’istruzione, qualora considerate inadeguate. A partire da quelle della scuola secondaria di primo grado, per cui dal 2022 l’Umbria registra nelle terze classi una presenza di giovani con competenze alfabetiche e numeriche non adeguate ben più bassa rispetto a quelle della media nazionale, delle regioni settentrionali e di quelle centrali.

Quanto al rischio di dispersione scolastica “implicita”, rileva in tal senso la quota di allievi che terminano l’ultimo anno della scuola secondaria superiore con competenze di base inadeguate. I dati dimostrano che un livello di apprendimento molto basso riscontrato alla fine del ciclo di studi secondari superiori può incidere pesantemente sul futuro, non solo lavorativo, dei giovani coinvolti ed è per questo che viene considerato un campanello d’allarme perché innalza la probabilità di cadere in una condizione di NEET, che è di marginalità e vulnerabilità. Il rischio di dispersione implicita, aumentato durante la pandemia, è tornato a calare e l’Umbria si caratterizza per valori inferiori a quelli nazionali (Rapporto Invalsi 2023).

I numeri parlano chiaro, e ribadiscono ancora una volta l’importanza dell’investimento personale in istruzione e formazione quale potente strumento per sviluppare le capacità di pensiero, di azione, relazionale e per agevolare la collocazione sociale e nel mondo del lavoro, a prescindere dalla situazione di provenienza. D’altro canto, agire a livello pubblico per contrastare l’esclusione e l’estraniamento giovanile dalla vita lavorativa deve continuare a costituire un impegno imprescindibile, per arginare uno spreco di potenziale umano che ha un costo rilevante sul piano sia sociale sia economico. Oltretutto, perché sarebbe un paradosso lasciare disperdere una risorsa già scarsa che, come tale, andrebbe invece valorizzata appieno.

Note
[i] I NEET (Not in Education, Employment or Training) sono i giovani in età compresa tra i 15 e i 29 anni che non sono né occupati, né inseriti (nelle quattro settimane che precedono l’intervista) in un percorso di istruzione o formazione, ovvero in un qualsiasi tipo di istruzione scolastica/universitaria o di attività formativa (ISTAT).

[ii] Il tasso di abbandono scolastico è la quota di 18-24 enni che, nel sistema di istruzione/formazione italiano, non ha titoli scolastici superiori alla licenza media (titolo di scuola secondaria di primo grado), non è in possesso di qualifiche professionali ottenute in corsi con durata di almeno 2 anni e non frequenta né corsi scolastici né attività formative.

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