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Usura e riciclaggio, scatta il maxi-sequestro, indagini del Gico, donna nei guai
Tra i beni sequestrati (per un valore di oltre 600mila euro) a una imprenditrice 43enne di origini piemontesi, ma da tempo residente a Perugia, c’è anche un locale commerciale a Ponte San Giovanni e un appartamento in provincia di Torino con garage, magazzino e autorimessa. La donna è accusata di aver intestato in maniera fraudolenta immobili e quote societarie al figlio poco più che ventenne e ad un collaboratore (anche loro indagati) per ‘spogliarsi’ di tutto ed eludere, così, eventuali misure di prevenzione patrimoniale. È stato il Gico del Nucleo di polizia economico finanziaria delle fiamme gialle ad eseguire il decreto di sequestro preventivo firmato dal gip Margherita Amodeo nei confronti dell’indagata, titolare di una ditta nel settore della consulenza amministrativa e responsabile, secondo la procura, di trasferimento fraudolento di valori.
La pericolosità sociale dell’indagata principale è risultata evidentemente apprezzabile da parte dei finanzieri del G.I.C.O., avendo la stessa dimostrato, nell’ultimo decennio, la sua indole a commettere reati di particolare allarme sociale, quali usura, con l’aggravante di aver agito nell’esercizio di un’attività professionale di intermediazione finanziaria e in danno di soggetti che si trovavano in stato di bisogno, truffa, esercizio abusivo dell’attività di intermediario finanziario, mediatore creditizio e di agente in attività finanziaria, esercizio abusivo di attività di giuoco o scommessa, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e per aver emesso fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
Gli approfondimenti investigativi hanno disvelato un vero e proprio “sistema”, reiterato nel tempo dalla donna e da soggetti a lei vicini, volto al drenaggio di risorse finanziarie dal circuito bancario, attraverso il ricorso a mutui – poi non onorati – e alla successiva “riacquisizione” degli immobili, al termine della conseguente procedura esecutiva avviata dall’ente creditizio, con trasferimenti di proprietà dei medesimi immobili in capo a persone fisiche e/o giuridiche, comunque riconducibili agli indagati, a prezzi notevolmente inferiori alle valutazioni di mercato.
Il fine ultimo delle operazioni illecite era quello di sottrarre i beni alla possibile applicazione di provvedimenti di carattere ablativo nell’ambito di procedimenti di prevenzione, che avrebbero potuto essere avviati, ai sensi della vigente normativa antimafia, considerato il curriculum criminale dell’indagata.
Le puntuali ricostruzioni delle transazioni finanziarie ed economiche operate dalla Guardia di Finanza hanno consentito di individuare compravendite di appartamenti, uffici, magazzini/laboratori per attività lavorative, terreni, nonché acquisizioni di quote societarie, tutte coordinate e dirette dalla donna, volte a dissimularne la reale proprietà.
Seguendo la ricostruzione effettuata dai finanzieri e condividendo le ipotesi accusatorie formulate dal pubblico ministero, il Giudice per le indagini preliminari ha ritenuto sussistenti i presupposti per l’applicazione della misura cautelare reale, atteso che nel caso di specie sussiste, non solo il fumus dei reati contestati, ma anche il periculum in mora costituito dal fatto che la “libera disponibilità in capo agli indagati dei beni di cui ai capi di imputazione – e quindi il perdurare dell’intestazione fittizia degli stessi – protragga le conseguenze del delitto posto in essere (…); la libera disponibilità dei beni può, inoltre, agevolare la commissione di latri reati (ulteriori intestazioni fittizie, delitti di riciclaggio ed autoriciclaggio), rendendo ancor più difficile l’accertamento dei primi”.
Sulla base di tali considerazioni, è stato disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca obbligatoria, di tutti gli immobili e delle quote societarie fittiziamente intestate a terzi, per un valore complessivo di oltre 600 mila euro.
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