Tecnologia e giustizia: messaggi di Whatsapp rivelano attività illecite

Tecnologia e giustizia: messaggi di Whatsapp rivelano attività illecite

Tecnologia e giustizia: messaggi di Whatsapp rivelano attività illecite

Tecnologia e giustizia – In un mondo sempre più digitalizzato, i social media sono diventati un mezzo comune per le attività illecite. Tuttavia, la stessa tecnologia che facilita tali attività può anche rivelarsi una trappola per i malintenzionati. Questo è ciò che emerge da due recenti sentenze della Corte d’Appello di Perugia. 

La prima sentenza, la numero 205 del 2024, riguarda un caso di spaccio di sostanze stupefacenti e estorsione ai danni di un minore. L’imputato, che ha sempre negato le accuse, aveva impostato la cancellazione automatica dei messaggi su Whatsapp dopo 24 ore. Tuttavia, i giudici hanno interpretato questa modalità “effimera” di salvataggio dei messaggi, insieme alla comunicazione minacciosa con la vittima, come indizi della condotta delittuosa. 

La seconda sentenza, la numero 378 del 2024, riguarda un caso di detenzione e diffusione di materiale pedopornografico. L’imputato, che ha raccolto le prove in una cartella sul suo computer, ha sostenuto che la cartella si fosse creata autonomamente. Tuttavia, la Corte ha rilevato che la cartella conteneva solo file specifici, suggerendo che fosse stata creata intenzionalmente dall’imputato. 

In entrambi i casi, scrive oggi Egle Priolo su il Messaggero, la tecnologia ha svolto un ruolo cruciale nel fornire le prove necessarie per confermare le condanne. Questi casi servono come un promemoria che, sebbene la tecnologia possa essere uno strumento per delinquere, può anche essere un alleato prezioso per la giustizia. Gli imputati, ora più consapevoli del potere della tecnologia, dovranno forse studiare meglio il mondo dei social media e di internet. 

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