Procura generale impugna assoluzioni per reati contro pubblica amministrazione

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Sergio Sottani

Procura generale impugna assoluzioni per reati contro pubblica amministrazione

La Procura Generale di Perugia comunica di aver proposto due distinti ricorsi per Cassazione avverso due sentenze di assoluzione della Corte d’Appello di Perugia in tema di reati contro la pubblica amministrazione.

Con la prima sentenza del 22 febbraio scorso, depositata il 10 maggio, la Corte d’Appello di Perugia ha assolto, riformando la precedente condanna del GUP del Tribunale di Perugia, un consigliere regionale umbro, all’epoca presidente del Gruppo consiliare “Socialisti e riformisti per l’Umbria”, dall’accusa di peculato relativamente a fondi erogati per il funzionamento dei gruppi consiliari nel biennio 2011-2012.

Ad avviso della Procura Generale di Perugia la corte d’appello ha erroneamente valorizzato le dichiarazioni autoassolutorie dell’imputato, mentre invece dalle dichiarazioni testimoniali e dal carattere periodico del pagamento delle prestazioni emerge come le spese sostenute, e poi rimborsate con fondi pubblici, non fossero finalizzate ad attività istituzionali, ma venissero destinate a fini politici e personali da parte dei due soli consiglieri, unici componenti di quel gruppo consiliare. Si tratta di spese rappresentate da pasti consumati presso il bar dell’assemblea regionale ovvero presso altri ristoranti e da spese congressuali sostenute da militanti in occasione del congresso del partito.

In definitiva, sempre ad avviso della procura generale perugina, le spese sostenute e poi rimborsate non venivano utilizzate, così come imposto dalla normativa di riferimento, per accrescere il prestigio dell’ente regionale verso la collettività o ad informare la collettività dell’attività dell’ente stesso. Inoltre gli impegni di spesa non recavano alcuna indicazione causale quanto all’occasione giustificativa, senza neanche una minima allegazione idonea a fornire un principio di riscontro.

La seconda setenza

Con la seconda sentenza del 19 gennaio scorso, depositata il 24 maggio,  la Corte d’Appello di Perugia ha assolto, riformando la precedente condanna del GUP del Tribunale di Perugia, il responsabile di un centro medico dall’accusa di concussione relativamente a presunti favori in ambito sanitario, rappresentati anche dall’assunzione di una dipendente presso una struttura sanitaria privata nel corso della procedura di rilascio dell’autorizzazione all’esercizio di una nuova struttura sanitaria per venti posti di riabilitazione extra ospedaliera.

Ad avviso della Procura Generale di Perugia la corte d’appello ha erroneamente ignorato il contenuto delle dichiarazioni e delle intercettazioni telefoniche dalle quali sembra emergere come il procedimento amministrativo per il rilascio dell’autorizzazione veniva volutamente ritardato dal responsabile, con lungaggini burocratiche e con una pretestuosa richiesta di integrazione istruttoria, proprio al fine di costringere la casa di cura privata ad affidare l’incarico di responsabile dell’organizzazione e gestione delle attività terapeutiche all’imputato, quale responsabile del cento medico ed amico del funzionario regionale, a sua volta responsabile del procedimento amministrativo.

Lo stesso rapporto di amicizia tra il funzionario regionale ed il responsabile del centro medico avrebbe consentito, sempre ad avviso della procura generale perugina, l’assunzione di una loro amica presso la casa di cura privata.

Per queste considerazioni la Procura Generale di Perugia ha proposto ricorso per Cassazione chiedendo l’annullamento di entrambe le sentenze della corte d’appello perugina.

 

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