Infermiera condannata per sedativo nell’acqua di una dottoressa

Patteggiamento di due anni per l'infermiera caposala dell'hospice

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Ph Adnkronos

Infermiera condannata per sedativo nell’acqua di una dottoressa

Infermiera condannata – Si è concluso con un patteggiamento di due anni, con pena sospesa, il processo a carico di un’infermiera caposala dell’hospice dell’Asl Umbria 1, accusata di aver versato un sedativo nell’acqua di una dottoressa. La vicenda, risalente al 2023, aveva destato scalpore per le modalità e per il luogo in cui si è verificata, una struttura sanitaria. Lo riporta oggi il Messaggero Umbria in un articolo a firma di Egle Priolo.

L’indagine e le accuse

Le indagini, condotte dai carabinieri del Nas e coordinate dal procuratore aggiunto Giuseppe Petrazzini, avevano portato all’infermiera di 49 anni, accusata di aver adulterato «in modo fraudolento e ripetuto» l’acqua contenuta nelle bottigliette della dottoressa. La dottoressa aveva notato un sapore strano nell’acqua, insospettendosi. Le analisi avevano rivelato la presenza di «quantitativi compresi tra i 3 e i quasi 15 milligrammi di Midazolam Cloridrato», una «sostanza soggetta a prescrizione medica non ripetibile e per uso esclusivamente ospedaliero, avente effetto sedativo». Secondo l’accusa, l’infermiera avrebbe agito con l’intento di «cagionare lesioni consistenti negli effetti conseguenti all’alterazione dell’ordinario stato psicofisico correlato all’assunzione di un farmaco sedativo». Fortunatamente, la dottoressa, accortasi dell’adulterazione, aveva evitato di ingerire il liquido nella maggior parte delle occasioni, sventando conseguenze più gravi.

Ulteriori reati contestati

Oltre all’adulterazione dell’acqua, all’infermiera erano stati contestati anche i reati di stalking, tentate lesioni aggravate, peculato e detenzione ai fini di spaccio, nonché calunnia. L’infermiera avrebbe sottratto dall’hospice cinque boccette di morfina e dieci fiale di Talentum (contenenti Midazolam Cloridrato). L’accusa di calunnia era legata al fatto che l’infermiera avrebbe accusato soggetti non identificati di aver falsificato la sua firma nel registro delle sostanze stupefacenti, pur sapendoli innocenti.

Il patteggiamento e le conseguenze

Nel corso del processo, l’infermiera, assistita dall’avvocato Delfo Berretti, ha raggiunto un accordo di patteggiamento con la procura. Il giudice Margherita Amodeo ha ratificato l’accordo, condannando l’infermiera a due anni di reclusione con pena sospesa e disponendo il pagamento delle spese legali a favore delle parti civili, la dottoressa e l’Asl Umbria 1.

La vicenda non è ancora conclusa

Nonostante la sentenza penale, la vicenda non è ancora conclusa. La dottoressa, assistita dall’avvocato Simone Manna, e l’Asl Umbria 1, rappresentata dall’avvocato Pietro Laffranco, hanno annunciato l’intenzione di avviare una causa civile per ottenere il risarcimento dei danni subiti. Parallelamente, l’Asl dovrà valutare il profilo disciplinare dell’infermiera. Inizialmente sospesa dal servizio, la caposala aveva visto il provvedimento bloccato in attesa degli sviluppi del processo penale. Ora, con la sentenza di patteggiamento, l’azienda dovrà decidere come procedere, rischiando l’infermiera anche il licenziamento.

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