Condannato ex titolare per violenza sessuale nei confronti di una dipendente
Un ex titolare è stato condannato ieri a 2 anni e 6 mesi di reclusione per violenza sessuale continuata nei confronti di una giovane dipendente. Durante il processo, l’uomo ha negato le accuse, sostenendo che la denuncia e le testimonianze fossero una vendetta per le difficoltà nel rapporto con la commessa e i suoi colleghi. E’ quanto riporta oggi il Messaggero dell’Umbria in un articolo a firma di Egle Priolo.
Il procuratore aggiunto Giuseppe Petrazzini aveva chiesto una pena più severa, 5 anni e 6 mesi, ma il collegio giudicante, presieduto da Carla Maria Giangamboni e composto da Serena Ciliberto ed Edoardo Esposito, ha deciso per una condanna più mitigata rispetto alle gravi accuse.
Secondo l’imputazione, l’uomo, un 64enne originario di Roma ma residente a Perugia e titolare di un negozio di oggettistica a Corciano, avrebbe costretto la sua dipendente, attraverso comportamenti violenti ripetuti nel tempo, a subire violenze sessuali. Le accuse comprendono palpeggiamenti indesiderati delle parti intime e strette forti per immobilizzarla e toccarla, anche con altre parti del corpo. Tali azioni sarebbero state commesse sfruttando il rapporto di lavoro, essendo lui il datore di lavoro e amministratore dell’attività. Gli atti violenti sono stati accompagnati da insulti a causa dei rifiuti della ragazza, con richieste offensive di atti sessuali.
I fatti contestati si riferiscono al periodo tra settembre 2015 e febbraio 2016. Durante il processo, il 64enne ha ammorbidito e minimizzato le sue azioni rispetto all’accusa, definendole “scherzi” in modo deprecabile ma negando completamente la violenza sessuale.
Il suo avvocato, Marco Piazzai, ha sottolineato che l’imputato presentava un quadro patologico e un’incapacità di comprendere appieno la gravità dei suoi comportamenti, evidenziando che questi episodi avvenivano pubblicamente, senza alcun senso di vergogna. Piazzai ha affermato che l’ex titolare considerava tali azioni come “normali” e non coglieva l’illegalità e il disvalore sociale, tanto da commetterle in piena vista, senza nasconderle.
Durante il processo, il 64enne ha dimostrato di aver acquisito una consapevolezza dei suoi errori e di aver intrapreso un processo di autoanalisi e di introspezione. Pertanto, la difesa aveva richiesto l’assoluzione, ma l’imputato è stato condannato a una pena inferiore, riconoscendo l’importanza di acquisire consapevolezza che tali comportamenti sono illegali e inaccettabili.
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