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L’importanza di essere Earnest e Compagnia dei Giovani del TSU al Cucinelli, un successo!
«Un’idea che mi pare molto bella, tutti questi attori, umbri, che hanno studiato in giro per il mondo e che sono di grande qualità, selezionati e diretti da un grandissimo regista, su una grandissima opera, molto speciale, speriamo possa essere una testimonianza del Teatro stabile che lavora per i giovani». Sono le parole di Brunello Cucinelli, presidente del Teatro Stabile dell’Umbria, che è orgoglioso della Compagnia dei Giovani del TSU.
Attori e attrici tra i 20 e i 40 anni – tutti umbri – che hanno dato il meglio di loro ieri sera nella prima dell’opera di Oscar Wilde “L’importanza di essere Earnest” al Teatro Cucinelli di Solomeo.
Nessuno dei due uomini è veramente “earnest” (onesto), né “Ernest” (in inglese le due parole si pronunciano allo stesso modo). Wilde con questo espediente mette in luce tutta quella cura dell’apparenza e della forma dell’alta società vittoriana. La filologia, come è nello stile di Antonio Latella e negli adattamenti di Federico Bellini, qualche volta è venuta meno, ma la grandezza dell’opera è stata rispettata.
Potenti sul palco del Cucinelli, grande fisicità, recitazione, declamazione…Il primo atto si apre a Londra nell’appartamento in Half-Moon Street di un giovane aristocratico, Algernon Moncrieff, nel momento in cui si presenta alla porta il suo amico di vecchia data, Ernest Worthing. Grazie ad un portasigarette dimenticato dall’amico la sera prima, tuttavia, Algernon scopre che il vero nome di costui è Jack Worthing: egli, abitando in campagna, finge di avere uno scapestrato fratello a Londra, il cui nome è Ernest, per poter condurre una vita un po’ dissoluta.
Nel secondo atto la scena si sposta quindi in campagna nel giardino della Manor House a Wolton, nella dimora campestre di Jack, dove vive la giovane Cecily e la sua anziana badante e insegnante, Miss Prism.Qui ne accadono di tutti i colori fino a quando Gwendolen, ancora invaghita e desiderosa di fidanzarsi con Ernest raggiunge la casa di campagna di Jack, dove incontra Cecily.
Dopo qualche battuta le donne scoprono di essere fidanzate con quello che credono essere lo stesso uomo, ovvero Ernest. Dopo aver chiesto spiegazioni ai rispettivi fidanzati e scoperta la verità, si ritirano indignate nella villa, per poi però perdonare entrambi.
«Ho cercato di affrontare il testo di Wilde con il rispetto che si deve nei confronti di un meccanismo linguistico e drammaturgico pressoché perfetto – è spiegato nelle note di drammaturgia e di traduzione -, dove ogni parola diviene necessaria per lo sviluppo dell’azione scenica, descrivendo personaggi che grazie alla parola vivono e creano le proprie relazioni».
Di fatto l’edizione italiana della commedia di Wilde ha un serio problema di traduzione. Il titolo originale, infatti, usa un gioco di parole impossibile da tradurre fra l’aggettivo “earnest” (serio, affidabile od onesto) ed il nome proprio “Ernest” che in inglese hanno la stessa pronuncia. Sul gioco di parole tra earnest e Ernest risiede il paradosso fondamentale della commedia, che ribalta quella famosa affermazione di Giulietta sul nome di Romeo: “Che cos’è un nome? La rosa avrebbe lo stesso profumo anche se la chiamassimo in un altro modo. Dunque cambia il nome, Romeo, e amiamoci tranquillamente.” Ma come testimonia la frivola Guendalina, nell’alta società britannica non è la persona a contare, non è l'”essere”, ma l’apparire, lo sforzo d’esser racchiuso in un nome che può rivelarsi quanto mai ingannevole come testimonia la narrazione della commedia.
Sta quindi al traduttore italiano saper rendere al meglio il titolo.
Esso viene così tradotto a volte come L’importanza di essere Onesto o L’importanza di essere Probo, giocando sul fatto che “Onesto” e “Probo” sono anche nomi propri. Spesso invece si salta il gioco di parole usando impropriamente il titolo L’importanza di chiamarsi Ernesto, rinunciando alle doti di “serietà” che la earnestness inglese intende e rinunciando ai giochi di parole contenuti nell’opera, soprattutto all’anima centrale contenuta nella frase conclusiva che è una critica alla società dell’epoca mascherata da esortazione morale.
E, francamente, ci è parso che tutto questo sia stato rispettato. Una grande opera per una grande compagnia, quindi!
Interpreti e ruoli: Francesco Bolo Rossini (Algernon), Stefano Patti (John), Samuel Salamone (Chasuble), Edoardo Chiabolotti (Merriman), Jacopo Pelliccia (Lane/Grisby), Vittoria Coralli (Lady Bracknell), Giulia Seeti (Hon. Gwendolen Fairfax), Caroline Baglioni (Cecily Cardew) e Caterina Fiocchetti (Miss Prism). Le scne di Giuseppe Stellato (Xelyus Tecnology), costuimi di Graziella Ppe, luci di Simone De Angelis, suono di Franco Visioli, training e e coro, Francesco Manetti, assistente alla regia, Brunella Giolivo.
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