L’arte di Klimt, un’analisi di ‘Le tre età della donna”

le tensioni dell’Impero Austro-Ungarico e l’interpretazione delle fasi della vita femminile

“L’arte di Klimt e il Secessionismo Austriaco: Un’analisi di ‘Le tre età della donna’”

“L’arte di Klimt e il Secessionismo Austriaco:
Un’analisi di ‘Le tre età della donna’”

L’arte di Klimt –  Il “secessionismo austriaco” e l’arte di Klimt che ne fa parte nascono in un’epoca nella quale l’impero austro-ungarico soffre di tensioni sempre più forti mentre la letteratura di Arthur Schnitzler e gli studi psicanalitici di Sigmund Freud sulla sessualità e i sogni turbano le convenzioni e il perbenismo austriaco agendo in ogni campo del sapere.

Un periodo di inquietudini più che di rivoluzioni, e l’arte sofisticata di Klimt è portatrice di molte di queste inquietudini. Lo dimostra anche “Le tre età della donna”, conservato alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma esposto ora alla Galleria Nazionale dell’Umbria.

Un’opera con tre donne nude a ricordare le tre fasi della vita, tema fino ad allora riservato dalla pittura agli uomini. Una giovane donna stringe a sé in un intimo tenero abbraccio una bambina, tutte e due a occhi chiusi sognanti lo stesso sogno. Mentre a sinistra separata da quella che Winnicot chiamerà la “diade madre figlia” un’avvizzita e sconsolata vecchia dalle vene gonfie e bluastre.

Due nuclei vicini e allo stesso tempo distanti, in un’allegoria nella quale ho trovato sovrabbondanza di patetismo al punto che ho riconosciuto le sottili inquietudini psicologiche di Klimt nella parete di fondo sporca e scorticata che in alto termina in un fondo nero carico di oscuri presagi: le “Tre età della donna” è del 1905 e l’impero Austro- Ungarico nove anni dopo piomberà con il resto d’Europa in una guerra terribile che ne segnerà la fine).

Scendendo per le scale del Palazzo dei Priori che tante volte ha percorso Capitini mi sono portato dietro la stessa sensazione provata nelle rarissime volte, ne ricordo con questa tre di cui un’altra sempre in Galleria, che ho visitato una esposizione di questo genere uscendo dalle quali mi sono sempre chiesto che senso avesse mettere una bandierina su un’opera per poter dire “l’ho vista” come si fa nelle città da cui ce ne andiamo dopo un giro nella pazza principale.

E se fosse sufficiente per un’istituzione pubblica in uno spazio pubblico (la Galleria essendo nel Palazzo dei Priori è pubblica due volte) offrire a cittadine e cittadini solo suggestioni e atmosfere rinunciando a contaminare e a farsi contaminare dalle persone svolgendo nella polis quel ruolo che l’arte nei millenni ha sempre compiuto rendendola così viva e parlante.

/di Vanni Capoccia

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