Sentenza “Quarto Passo”, Processo su infiltrazioni in Umbria
Sentenza “Quarto Passo” – I giudici del processo “Quarto Passo”, incentrato su presunte infiltrazioni mafiose in Umbria, si sono ritirati stamane alle ore 11:30 in camera di consiglio. Il verdetto, atteso nel tardo pomeriggio, segnerà un momento cruciale in un’inchiesta iniziata dieci anni fa e che vede coinvolti 52 imputati, accusati a vario titolo di essere affiliati o fiancheggiatori di un’associazione mafiosa legata alla ‘ndrangheta.
Secondo le indagini condotte dai carabinieri, parte degli imputati, originari della Calabria, ma operanti a Perugia, avrebbero gravitato nell’orbita di un clan di Crotone. Attraverso i suoi esponenti locali, la cosca avrebbe messo in atto reati come usura, estorsione, truffe e furti. Inoltre, minacce e intimidazioni avrebbero consentito il controllo di attività commerciali e locali pubblici. Tra le accuse più gravi, figura anche il traffico di droga.
Le richieste dell’accusa
La sostituta procuratrice Gemma Miliani ha chiesto condanne pesanti per quasi tutti gli imputati, con l’esclusione di tre soggetti ritenuti estranei ai fatti. Tra le richieste più significative:
29 anni di reclusione per Cataldo Ceravolo;
27 anni per Cataldo De Dio;
17 anni per Salvatore Facente, Mario Campino e Castaldino Campino.
Le accuse sono aggravate dalla presunta natura mafiosa dell’associazione e dal reato associativo contestato.
La difesa respinge le accuse
Gli avvocati difensori, dal canto loro, negano l’esistenza di un legame tra le condotte dei singoli imputati e la ‘ndrangheta, sostenendo che non sussistono elementi sufficienti per configurare il reato associativo. Ribadiscono che le prove raccolte non dimostrano un’organizzazione strutturata né un controllo territoriale compatibile con un’associazione mafiosa.
Un processo lungo dieci anni
Questo procedimento, che si avvia alla conclusione del primo grado, rappresenta l’atto finale di otto anni di udienze, iniziati a seguito di un’inchiesta che nel 2014 portò alla luce un presunto sistema criminale radicato nel tessuto economico e sociale della regione. Le indagini furono avviate dai carabinieri, dopo aver riscontrato collegamenti tra alcuni esponenti locali e un clan crotonese.
Parti civili
Tra le parti civili ammesse al processo figurano il Comune di Perugia e la Regione Umbria, che si sono costituite per sottolineare l’impatto negativo che tali presunti reati avrebbero avuto sul territorio.
Il verdetto atteso oggi rappresenta un punto di svolta per un caso che ha suscitato grande attenzione pubblica e mediatica.
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