![Sequestro di 105.000 € a società viterbese per false fatturazioni Sequestro di 105.000 € a società viterbese per false fatturazioni](https://www.umbriajournal.com/wp-content/uploads/2023/10/finanza-viterbo-678x381.jpg)
Sequestro di 105.000 € a società viterbese per false fatturazioni
Sequestro di 105.000 – Un imprenditore viterbese operante nel settore alimentare è finito nel mirino della Guardia di Finanza per aver evaso le imposte per circa 105 mila euro negli anni 2017 e 2018. Il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Perugia ha emesso un provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, anche per equivalente, dei beni e delle disponibilità finanziarie dell’indagato.
L’operazione dei finanzieri del Gruppo di Viterbo è scaturita da controlli fiscali nel comparto dell’illecita somministrazione di mano d’opera per il tramite di fittizi contratti d’appalto, posti in essere da società cooperative di comodo, intermediate da un consorzio avente sede in Perugia. Quest’ultimo è risultato avere emesso fatture per operazioni inesistenti per un ammontare complessivo di circa 600 mila euro anche nei confronti del citato imprenditore viterbese.
Il provvedimento cautelare reale è stato richiesto dalla Procura di Perugia, che aveva già svolto indagini ed esercitato l’azione penale per fatti analoghi nei confronti del consorzio emittente, e ottenuto dal GIP. In fase di esecuzione del provvedimento sono state sottoposte a sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p. disponibilità finanziarie per l’intera somma di circa 105 mila euro che, subordinatamente all’accertamento dibattimentale, verranno confiscate a favore dell’Erario.
L’illecito modus operandi ha permesso alle società clienti del consorzio l’illegittima detrazione dell’IVA nonché di godere di vantaggi concorrenziali consistenti nell’indebita contrazione del costo del lavoro, in quanto, a monte, le società cooperative di comodo, titolari dei rapporti di lavoro con i dipendenti, non versavano gli oneri contributivi erariali e previdenziali, anche mediante la compensazione con fittizi crediti d’imposta.
L’indagato dovrà ora rispondere del reato di dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto e punito dall’art. 2 del D.lgs. 74/2000. Si tratta di una fattispecie penale che prevede la pena della reclusione da uno a sei anni e la multa da 516 a 10.329 euro per chiunque presenta dichiarazioni infedeli al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto.
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