Sviluppare il turismo Incentivi e strategie per l’Italia e per l’Umbria
Nicola Barbera (Banca d’Italia, coordinatore)
Sono state formulate molte proposte durante il convegno. Qual è l’idea che si considera irrinunciabile per un contesto come quello umbro? L’OSCE raccomanda un’integrazione verticale (tra Stato, Regioni, altri enti locali) e orizzontale (tra operatori, associazioni);
fondamentale è trovare forme di collaborazione efficaci tra pubblico e privato attraverso una struttura permanente che coinvolga tutti i principali interessi che convergono sul turismo, che sappia elaborare una visione comune ma soprattutto abbia una funzione anche operativa (per realizzare concretamente i progetti, far funzionare la macchina, curare i dettagli). La formazione assume un ruolo fondamentale per la promozione del territorio. Sempre
l’OCSE mette in luce l’importanza dell’accessibilità, dell’innovazione e della sostenibilità. Come funzionano in Umbria oggi tali leve e cosa si può fare per svilupparle? Al campo del turismo vanno associati termini non strettamente economici ma emozionali come desiderio, esperienza, nostalgia.
Alessandra Priante (Capo Ufficio rapp. internazionali e cerimoniale Ministero politiche agricole e turismo) Nel settore turistico, vi sono sfide che dobbiamo necessariamente vincere, passando alla realizzazione concreta.
Il whole of government approach che l’OCSE ritiene essenziale per il buon governo del settore turistico è fondamentale per creare un terreno giusto per l’imprenditoria: occorre un’integrazione verticale, che oggi non c’è, e orizzontale; dare una visione di complesso del Paese, agire sulla base di una medesima strategia, intervenire per il ripristino della legalità.
Tutto ciò si può realizzare solo se c’è un’effettiva collaborazione da parte di tutti gli attori. Il Piano Strategico del Turismo 2017-22 (PST) ha funzionato nel metodo, proprio perché ha messo intorno allo stesso tavolo tutti i soggetti coinvolti, pubblici e privati, ed elaborato
linee di sviluppo sulla base delle proposte arrivate dal basso (approccio bottom up); ad oggi questo rimane però un libro di desiderata.
Le priorità sono: una governance che rispetti le prerogative degli operatori e garantisca soprattutto una semplificazione burocratica; una visione complessiva del settore turistico del Paese e un’azione normativa tesa a garantire la legalità dell’attività.
A livello internazionale viene indicato tra le principali priorità la collaborazione pubblico-privato. Il pubblico deve mettere in condizione il privato di lavorare al meglio, garantendogli regole, norme e supporto (in tale ordine di priorità).
In Italia si parte sempre dal supporto, ma c’è bisogno in primo luogo di regole chiare (con strumenti in grado di garantirne un’efficace manutenzione), sostegni normativi e solo in ultimo (e con carattere premiale) di finanziamenti pubblici. Non ci sono sufficienti strumenti di tutela per e verso l’extralberghiero. Ci sarebbe poi da riformare la legge quadro su professioni turistiche, così da dare al sistema effettivo modo di operare. Il pubblico non deve fare troppo il privato e il privato non deve dettare troppa legge al pubblico. Bisogna sostenere soprattutto chi opera nella formazione e nella commercializzazione con regole quadro efficaci, stabilendo standard e percorsi che devono andare insieme.
L’Enit in questo momento è un ente pubblico economico. Dopo il commissariamento il Ministro ha tentato di rinnovare il cda da novembre scorso proponendo un nome che proveniva dall’industria del turismo; a gennaio c’è stato il DPR di nomina, ora alla firma della Corte dei Conti, a seguire si costituirà il Cda. I tempi di questi iter sono purtroppo lunghissimi. Occorre un upgrade di governance del turismo, che la creazione di un Dipartimento dovrebbe favorire. Quando saranno operativi il Dipartimento e il nuovo cda dell’Enit (entro alcune settimane) ci si potrà sedere per definire tutti insieme una strategia condivisa.
Il sentimento prevalente al termine del convegno è un invito ad avere coraggio: è sempre importante affrontare i problemi da risolvere con competenza e confrontarsi da diversi punti di vista. Si deve passare dal tempo condizionale all’indicativo, ognuno domandandosi quale contributo può dare per attuare tale passaggio. O si cambia tutti insieme o non cambierà mai niente.
Fabio Paparelli (Vice Presidente Regione Umbria)
C’è la necessità di dare attuazione alla pianificazione strategica nazionale e il nuovo Masterplan regionale va in questo senso. È indispensabile una collaborazione tra istituzioni e tra esse e gli operatori privati.
Il mondo del turismo è cambiato: con low cost e internet ora tutto è in mano alla domanda (in passato era l’offerta che prevaleva), basata sull’esperienza e molto più dinamica del passato. Per farne un’opportunità per la regione occorre costruire il prodotto, l’esperienza e il marketing (da qui il claim “Umbria esperienza unica”), approfittando anche della maggiore flessibilità dei flussi turistici.
C’è bisogno anzitutto di due cose: che si dia seguito da parte del Governo al PST 2017-22, che tra le altre cose prevede la valorizzazione delle località meno conosciute, e la costruzione da parte della Regione del Masterplan triennale di azioni concrete (in corso di elaborazione con il supporto di Nomisma).
L’Umbria è stata considerata dai principali motori di ricerca la regione giudicata più autentica (perché mantiene le sue promesse), occorre lavorare su questo. Sarebbe sufficiente un aumento della collaborazione tra enti. Fare squadra significa in primo luogo avere ruoli chiari e dedicarsi ciascuno al proprio mestiere. La legge regionale è chiara, prevede un luogo di confronto istituzionale con un luogo (il comitato di supporto delle politiche del turismo) dove sono presenti tutti gli stakeholders con ruolo istituzionali; si può migliorare attraverso una maggiore coprogettazione e la verifica dell’efficacia delle politiche realizzate, lo si farà con il piano triennale. Enit dopo la riforma dovrebbe svolgere il ruolo di coordinamento della promozione del brand Italia e di singole regioni all’estero.
In Umbria vi sono esperienze interessanti di cooperazioni da cui si può partire, come le reti dei cammini spirituali e religiosi, che hanno coinvolto anche altre regioni. C’è un accordo di programma per svilupparle, fermo al Ministero.
Passi avanti sono stati fatti in tema di collegamenti interni: con la cessione a RFI di FCU, l’accordo con tour operator per favorire il turismo cinese (che trarrà vigore dal volo diretto Falconara-Cina). Frecciarossa a Perugia e Frecciabianca per Spoleto sono già realtà. Si faranno ulteriori passi in avanti nei collegamenti verso sud.
Ci sono però problemi da superare: la metà delle presenze sono sommerse (la legge regionale obbliga il censimento, ma controlli in tal senso non sono attuati); su 4mila strutture quasi mille non dichiarano presenze. Occorre maggior collaborazione tra pubblico e privato per far emergere il fenomeno dell’abusivismo.
Si può guardare al futuro turistico dell’Umbria con fiducia per vari motivi: nonostante il calo dei posti letto per il sisma, nel 2018 sono stati superati i 6 milioni di presenze. Il Masterplan, che mette al centro il tema del turismo emozionale, potrà cambiare la rotta per arrivare a un effettivo sviluppo. Ciascuno facendo la sua parte.
Giorgio Mencaroni (Presidente Confcommercio Umbria)
Occorrono connessioni, materiali e immateriali, con cui la regione si deve collegare con il mondo. Il collegamento ferroviario ad alta velocità introdotto di recente da Perugia a Milano non risolve i problemi di isolamento: si è visto che ne usufruiscono soprattutto gli umbri. Ai tavoli devono essere presenti tutti gli attori, non solo quelli economici. Oggi non c’è dialogo né collaborazione; questa però è possibile. Il concetto di turismo come industria non è passato in molti casi, vi sono molti imprenditori che ancora lo vedono come un’attività amatoriale, occasionale o di pensiero libero.
In tema di collaborazione tra enti, ci sono temi in cui si è riusciti a fare esperienze di successo tra Camera di commercio e Regione: l’internazionalizzazione, con la creazione di una struttura molto snella, e il credito verso le imprese.
Con Sviluppumbria stanno sviluppando un progetto: utilizzando il sito della Regione “Umbria tourism” mettono mezzi a disposizione per promuovere attraverso i social media il prodotto Umbria mettendo insieme artigiani, operatori del turismo, commercianti, agricoltori. Ciò dimostra che dove c’è una volontà si riesce a realizzare. Recentemente la stessa Camera ha messo insieme le due Università sul progetto “Mirabilia” (istituito con la legge Franceschini; coinvolge le 17 Camere presenti nei territori dove sono presenti siti Unesco), che stanno replicando in altri paesi europei. Si vorrebbe creare un master ad Assisi dove formare i giovani che parlino di turismo conoscendo le risorse del territorio.
Bisogna fare, condividere, fare bene e far sapere. Questo convegno lasciala bocca dolce e una speranza che si voglia veramente lavorare sul turismo come leva fondamentale. L’Umbria deve lavorare sui due temi che risultano innati nel suo territorio: la sostenibilità e l’accoglienza.
Elio Schettino (Direttore Confindustria Umbria)
Il turismo rappresenta un asset con un potenziale straordinario che va valorizzato e rafforzato a partire da una dimensione e da una metodologia di lavoro di tipo industriale. È solo approcciando il turismo in questo modo, infatti, che possiamo portare dei flussi capaci di incidere in modo significativo sul Pil regionale. Dai dati illustrati è emerso che lo sviluppo in Umbria ancora non c’è stato; l’approccio adottato finora non è stato quello giusto.
Va nella giusta direzione il Masterplan in corso di elaborazione da parte della Regione, perché è importante avere una strategia unitaria per definire gli interventi. Bisogna puntare su ciò che si ha (una rete di cittadine meravigliose), su un turismo di qualità e sul turismo estero, i segmenti dove l’Umbria si mostra più debole. Occorre elaborare una strategia ben definita e univoca, un tavolo di confronto che fissi 3-4 misure più che strategie complesse, e poi partire da cose elementari con misure specifiche e un approccio pragmatico. Ci sono comprensori anche in Italia dove ciò ha funzionato, mettendo intorno a un tavolo tutte le forze coinvolte (si pensi ad alcune località sciistiche).
È da condividere l’idea di dare ruoli distinti tra pubblico (che definisce le regole del gioco) e privato (che può dare indicazioni e stimoli oltre che implementare l’attività), ma la creazione di un’altra società di coordinamento non è indispensabile e forse appesantirebbe il tutto.
Occorre che ci sia competenza anche nel settore pubblico: per fare le regole del gioco occorre studiare e farlo in maniera professionale.
In questa regione ci sono potenzialità enormi, si percepiscono anche solo girando lungo le strade delle sue città, che non vengono sfruttate; è necessario un salto di qualità.
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