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Il Regno di Avalon, le nebbie dei Sindaci sul “Decreto Sicurezza”!
di Giampiero Tamburi
(Perugia: Social City)
Premettendo che, con la firma apposta dal Presidente della Repubblica, il Decreto Sicurezza è a tutti gli effetti una Legge dello Stato! Ma, lasciando a latere il giudizio politico sulla bontà o meno del decreto, in rispetto dei diritti di tutti, a prescindere dalla propria nazionalità di essere assistiti o meno, quando si trovano nel nostro territorio come rifugiati politici e quant’altro contemplato dalle più elementari norme dei diritti dell’uomo, diritti rispetto alle necessità della sanità, dall’istruzione, del lavoro e quant’altro necessario al suo benessere e alla sua integrazione in quanto, nella specificità, questo giudizio ognuno a il suo, c’è un’altra considerazione da fare.
Visto ciò c’è da discute su un altro aspetto della questione che è interessante e pericolosissimo non prenderla in considerazione e appianare!
Non si arriverà sicuramente a questo ma la storia ci insegna che ogni contrasto civile che ha portato alla violenza nasce sempre da chi si è opposto, in modo non democratico, all’applicazione delle leggi che lo Stato come espressione della maggioranza,con tutti i diritti possibili, imponeva.
La vera questione è se i Sindaci, a qualsiasi partito politico appartengano, possano o no disattendere i dettati delle leggi arrivando fino al punto di disporre ed imporre, con la propria autorità amministrativa, ai propri uffici, in questo caso anagrafici, di comportarsi palesemente contro i dettati delle norme stesse, ricordando in oltre, che gli ufficiali degli Enti pubblici, dovrebbero, in ogni caso, rispondere di persona sia sotto l’aspetto giuridico che civile e dove, lo stesso Sindaco, non è in grado di condizionare l’operato dello stesso pubblico ufficiale.
Le Leggi dello Stato non sono il vestito di Arlecchino e non può avere diversi colori, ne politici ne di interpretazione.
Se c’è una incostituzionalità spetta alla Corte Costituzionale stabilirlo. Fino a quel momento ogni semplice cittadino, o qualsiasi carica abbia, ha il dovere di ottemperare ai dettati che impongono le norme.
I sistemi democratici per cercare di imporre il proprio giudizio non sono certo quelli della disubbidienza civile.
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